Search This Blog

Tuesday, July 27, 2010

EUCARESTIA § FESTA

La villeggiatura è un periodo di festa familiare. Ma resterebbe una festa di serie B se mancasse la partecipazione gioiosa alla santa messa festiva. Resterebbe una festa superficiale, semplice dispersione e stordimento, come diceva Benedetto XVI in un’omelia raccolta nel libro : Josef Ratzinger, Il Dio vicino, l’eucarestia cuore della vita cristiana. Ed. SAN PAOLO


Ma questo significa che l'eucaristia è molto più che una semplice cena; il suo prezzo è stato una morte e la maestà della morte è presente in essa. Quando ci accostiamo a essa, deve riempirci il rispetto per questo mistero, il timore davanti al mistero della morte che si fa presente in mezzo a noi. Presente è certamente anche il fatto che questa morte è stata superata dalla risurrezione e che, quindi, noi possiamo affrontare questa morte come la festa della vita, come la trasformazione del mondo. In tutti i tempi e tra tutti i popoli gli uomini, nelle loro feste, hanno in definitiva cercato di sfondare la porta della morte. Una festa resta alla superficie - semplice dispersione e stordimento - fintanto che non tocca questa ultima domanda. La morte è la domanda di tutte le domande e dove essa è messa tra parentesi, non vi è, in definiva, alcuna risposta. So¬lo dove si risponde a essa, l'uomo può davvero festeggiare e diventare libero. La festa cristiana, l'eucaristia, arriva fino a questa profondità della morte. Non è semplicemente un pio intrattenimento e un momento di divagazione, una sorta di abbellimento o ornamento religioso del mondo; essa arriva fino al fondamento più profondo, poiché in essa è chiamata per nome la morte e ci è posta di fronte la strada per la vita, che. supera la morte. (pag.41)

Friday, July 16, 2010

Mondiali e battesimo

Sneijder diventa cattolico: la forza della santa Messa

"Insieme ai miei compagni sono andato una volta a messa e ho percepito nel loro modo di prendervi parte una tale forza e una tale fiducia da rimanerne turbato"

Dopo la partita Olanda VS Giappone, sotto la maglietta del campione interista Wesley Sneijder in molti hanno notato un rosario, simbolo della conversione del giocatore. La notizia sta rimbalzando su tutti i quotidiani sportivi. Sneijder è infatti diventato cattolico dopo un percorso iniziato con l’amore per la sua ragazza Yolanthe Cabau. Si è così fatto battezzare in una cerimonia celebrata alla Pinetina di Appiano Gentile prima di partire con la Nazionale arancione per i Mondiali in Sudafrica. Lo stesso giocatore racconta al giornale “de VolksKrant”: «Ad Appiano c’è una cappella e lì mi sono fatto battezzare. Insieme ai miei compagni sono andato una volta a messa e ho percepito nel loro modo di prendervi parte una tale forza e una tale fiducia da rimanerne turbato». Molto del merito va anche a capitan Zanetti, cattolico praticante, che ha mediato con il cappellano e, accelerando i tempi, ha fatto seguire a Sneijder il corso di catechismo necessario per gli adulti prima di ricevere il sacramento. Wesley abita a cento metri dal Duomo e racconta delle sue giornate di preghiera: “Prego ogni giorno, e seguo con Yolanthe ogni domenica le funzioni. La fede è un qualcosa che mi dà forza. Alle volte le mie convinzioni mi mantengono saldo e determinato, a volte prego per avere più forza. Ogni giorno, poi, recito il Padre Nostro con Yolanthe. Cerco sempre un angolo prima delle partite per pregare”.

Recensioni 2










         

  Brevi ma efficaci presentazioni di libri (sopratutto nel settore della narrativa e della saggistica) acquisiti recentemente dalla biblioteca del Centro ELIS e disponibili per il prestito.

Paolo De Marchi, Da Tiziano a Pollock, Edizioni Ares, Milano 2009, pp. 414.

L'autore è notaio e fine conoscitore d'arte. Il libro è una sorta di viaggio ideale - visitando mostre e musei - lungo cinque secoli di storia dell'arte, viaggio che De Marchi conduce esprimendo con maestria giudizi puntuali anche riguardo ad artisti meno noti anche se validissimi. Un esempio è quello di Edward Hopper (1882-1967), che De Marchi definisce esattamente "uno dei maggiori pittori contemporanei, anche se la sua fama, non molto diffusa al di fuori degli Stati Uniti, è assai al di sottodi quanto meriterebbe".
  Il capitolo dedicato a Hopper mostra con chiarezza la capacità interpretativa di De Marchi e la sua precisione analitica, non sempre diffuse fra critici d'arte, spesso ricchi di supponente fumosità. Per incontrare invece critici d'arte di grandissimo rilievo, si può leggere l'interessante sezione "L'arte di leggere l'arte", ovvero "la difficile operazione che è la critica d'arte", attraverso critici di primo piano, quali Federico Zevi, Francesco Arcangeli, Mario Praz.
    Il libro si chiude col caso del controverso (e superpagato) "pittore" (si fa per dire) Andy Warhol, del quale viene descritta una mostra consistente in una serie di foto che ritraggono Mao: "decine e decine di ritratti piccoli, medi, grandi... eseguiti tutti con lo stesso metodo: una foto di Mao, sempre la stessa, riproposta in ripetizioni estremamente deumanizzate". E De Marchi lucidamente tira le somme: "In sostanza si è di fronte a un'operazione condotta a freddo e cerebralmente... Restano lì le trovatine fatue, i giochetti sterili, lo spreco dell'intelligenza (se c'è): il tutto in un clima un po' stagnante di disimpegno morale".

Fernando Ocariz, Lucas F. Mateo-Seco , José Antonio Riestra, Il Mistero di Cristo. Manuale di Cristologia, Editrice Apollinare Studi, Roma 1991, 335 pp.

Fernando Ocariz e José Antonio Riestra sono docenti di Teologia presso l'Università Pontificia della Santa Croce e Lucas F. Mateo-Seco presso l'Università di Navarra. Con questo volume hanno inteso fornire un utile strumento di studio sull'argomento centrale della teologia cristiana: il "Mistero di Cristo", infatti "la cristologia sta al centro della dogmatica cattolica, che è cristocentrica" (K.Adam).
L'intenzione degli Autori non è solamente accademica, ma intende soprattutto aiutarli a conseguire quanto scriveva San Paolo ai cristiani di Efeso: "Siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l'ampiezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità, e conoscere l'amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio" (Ef. 3, 18-19). Ciò richiede che la lettura e lo studio vengano affrontati con atteggiamento contemplativo davanti al mistero di Cristo, poiché "la verità del Signore si studia con la fronte china; si insegna e si predica nell'espansione dell'anima che crede in lei, che l'ama e che la vive" (Giovanni Paolo II).
    Il testo tratta, con profondità ma chiarezza, di tutto il "percorso" teologico del "Mistero di Cristo: l'attesa del Messia presso gli Ebrei, la vita terrena di Cristo dalla nascita alla Passione, la natura della Redenzione, la Persona di Cristo Via, Verità e Vita. Assieme alla corretta dottrina cattolica sono anche esposte teorie le principali dottrine cristologiche eterodosse, confutate con precisione.


Oscar Sanguinetti e Ivo Musajo Somma, Un cuore per l' Europa. Appunti per una biografia del Beato Carlo d' Asburgo, D'Ettoris Editori, Crotone 2004, pp. 223.

Questo libro è la biografia di un imperatore che seppe vivere da autentico cristiano nel mezzo di una tragedia che disgregò il suo impero.
Nel novembre 1916, nel pieno della devastante I Guerra Mondiale, moriva a Vienna Francesco Giuseppe d'Asburgo, Imperatore dell'Austria-Ungheria, e suo figlio Carlo assumeva la carica imperiale. Il nuovo giovane imperatore assunse, soprattutto nel 1917, molte iniziative per giungere a una pace fra le nazioni in conflitto, ma uno dopo l'altro i tentativi fallirono, soprattutto ad opera dei sempre più diffusi nemici dell'ordine austro-ungarico (pangermanici, panslavisti, social rivoluzionari filo-sovietici, le logge massoniche,...).

Quindi il massacro continuò e alla fine del 1918 avvenne la sconfitta e la disgregazione dell'Impero Austro-Ungarico, e l'Imperatore Carlo, la moglie Zita e la sua famiglia finirono per trovarsi abbandonati da tutti. Nel 1919 il nuovo parlamento repubblicano cercò di ottenere l'abdicazione formale di Carlo, che però ripetutamente rifiutò, per mantenere il suo giuramento come Imperatore austro-ungarico. La coppia imperiale venne allora a trovarsi prigioniera di fatto, e quindi confinata in una disagevole villetta della lontana isola di Madera, priva di mezzi di sostentamento. Fortunatamente Carlo e Zita furono raggiunti dai figli, così che la famiglia si ricostituì. Un momento quotidiano di intima unione famigliare era la serale recita del rosario.
Nel marzo 1922 a Carlo - da tempo affetto da malattia polmonare - venne diagnosticata una polmonite, che il 1° aprile lo portò alla tomba. Non aveva ancora compiuto 35 anni. Si conservano le sue ultime parole, fra le quali:Tutta la mia aspirazione è sempre riconoscere chiaramente in tutte le cose la volontà di Dio e seguirla, e ciò nella maniera più perfetta.
   Con il passare degli anni la fama delle virtù umane e cristiane di Carlo d'Asburgo crebbe sempre più fino a concretarsi in un processo canonico le cui tappe fondamentali furono il decreto sull'eroicità delle virtù (14 aprile 2003) e il riconoscimento del miracolo (21 dicembre 2003), a cui seguì la solenne cerimonia della Beatificazione in piazza San Pietro, per mano del Papa Giovanni Paolo II, il quale, nell'omelia lo ha ritratto così: «Un esempio per chi ha responsabilità politiche in Europa».


Paola Binetti, La famiglia tra tradizione e innovazione, Edizioni Magi, Roma 2009, pp. 255.



L'Autrice - neuropsichiatra e direttore del Dipartimento per la Ricerca Operativa dell'Università Campus Biomedico di Roma e con una profonda esperienza nel campo della psicoterapia famigliare - si confronta con il cruciale argomento della frantumazione dei modelli di famiglie e della loro proliferazione, in una società sempre più competitiva, in cui il singolo pretende sempre maggiore autonomia, a detrimento della famiglia.
   Il libro si compone di cinque capitoli che studiano l'itinerario evolutivo della famiglia, con l'intento di evidenziare il contributo della famiglia per l'intero sistema sociale. Dopo un'approfondita riflessione sull'ambiente sociale in cui si trova oggi la famiglia, ci si rivolge alla contemporanea vita di coppia, e in particolare sulla fragilità che si manifesta soprattutto nelle coppie giovani.
    Si affronta poi il tema del passaggio dalla vita "a due" al paradigma della "genitorialità", un passaggio sovente assai problematico: troppo spesso nelle giovani coppie il desiderio di diventare genitori è posposto ad altri obiettivi (autonomia economica, realizzazione professionale,...).
   Una parte rilevante è dedicata al problema degli omosessuali che chiedono "diritti" che vanno ben oltre la doverosa sfera dei diritti individuali e invadono il campo della famiglia, pretendendo una equiparazione fra la "coppia omosessuale" e la famiglia naturale, con gravi conseguenze. L'autrice, pur mostrando chiaramente larghezza di vedute si dichiara contraria a tale omologazione.
   L'Autrice conclude il suo approfondito studio osservando che questi ultimi anni hanno richiamato l'attenzione al valore che la famiglia costituisce per gli individui e la società. Si è evidenziata una famiglia molto complessa e sfaccettata, la quale però - malgrado la crisi che indubbiamente l'investe - continua a conservare un ruolo fondamentale e insostituibile nella società. Società che però non può continuare a sottovalutare la funzione primaria della famiglia, e deve invece intervenire nei propri ambiti culturale, economico, politico e sociale.


Helene e Jean Bastaire, Per un'ecologia cristiana, Ed. Lindau, Torino 2008, pp. 80


L'accusa, nata nei paesi di lingua inglese e diffusasi rapidamente, che la responsabilità morale dell'attuale devastazione ecologica della Terra, sarebbe in buona parte da attribuire alla cosiddetta "mentalità giudaico-cristiana", ebbe uno dei primi sostenitori Lynn Withe jr., che nel 1967 teorizzò che all'origine del disastro ecologico ci sarebbe il comando biblico col qualel'uomo sarebbe stato spinto a perseguire il dominio incondizionato sulla natura
   Dio li benedisse e disse loro: "Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra" (Genesi, 1, 28).
Opponendosi a questa teoria, peraltro senza alcun fondamento, gli autori del libro capovolgono la tesi e mostrano che, semmai, il saccheggio ecologico del pianeta è stato invece causato dal disprezzo della creazione stessa.
     Purtroppo bisogna rilevare che una considerevole quantità di citazioni di "pensatori" (che gli autori del libro definiscono "cristiani") non sono altro che affermazioni di quel coacervo di pseudo-dottrine gnostico-panteistiche, che nell'ecologismo "spirituale" hanno il proprio habitat.

Tuesday, July 06, 2010

LA’ DOVE CIELO E TERRA SI INCONTRANO


Nel 2001, l'allora cardinal J. Ratzinger, dava alle stampe un libro dal titolo "Il Dio vicino. l'eucarestia  cuore della vita cristiana" (ed. Paoline). E' terminato il mese di giugno ma è sempre Gesù il cuore della vita cristiana. In modo particolare attraverso il dono dell'Eucarestia.
In questa pagina tratta dal libro di un sacerdote veronese , si trova una efficace  sintesi sulla centralità della santa Messa nella vita del cristiano. FERDINANDO RANCAN, Là dove cielo e terra si incontrano. La preghiera e la Messa nella vita del cristiano .  http://www.webalice.it/paoloconti1/don_ferdinando/la_dove_cielo_e_terra.pdf



La preghiera più grande: la Santa Messa

E veniamo al momento più intenso e culminante della nostra preghiera: la santa Messa. Vi ho già ricordato che l’Eucarestia è la più alta e sublime preghiera che mai sia stata fatta sulla terra, perché è lo stesso sacrificio compiuto da Gesù sulla croce. La Chiesa è scaturita ed è cresciuta sempre intorno all’Eucaristia e lo stesso avviene per la vita spirituale di ogni cristiano. Perciò la Santa Messa è chiamata dal Concilio Vaticano II: “Fonte e apice di tutta la vita cristiana”. Vorrei che questa espressione fosse anche per voi non solo un richiamo a tutta la meravigliosa dottrina teologica intorno alla Santa Eucaristia e alla Santa Messa, ma vorrei che fosse anche un’esperienza gustosamente vissuta nella vostra vita di discepoli del Signore.
Fare della Santa Messa il centro della vita spirituale vuol dire portare a Dio, attraverso il sacrificio del suo figlio Gesù, consegnandola nelle sue mani trafitte, tutta la vostra giornata: il lavoro, la fatica, le gioie, gli affetti, le preoccupazioni e anche le vostre debolezze e, insieme, nutrendovi del Corpo dolcissimo di Cristo che diventa cibo e viatico per il vostro cammino, identificarvi con lui facendovi testimoni del suo amore nel mondo, e significa anche prendere la croce del Signore e piantarla in mezzo a tutte le attività umane. Perciò, quando qualcuno mi dice che ha la fede, che crede con tutta convinzione nel Signore ma non frequenta o frequenta solo raramente la Santa Messa, devo rispondergli che la sua fede è ben poca cosa, che è ben lontana da quella fede che trova nell’Eucaristia non solo il suo mistero più alto - misterium fidei - ma anche la sua consumata perfezione nell’amore: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui”(Gv. 6,56).
Fratelli miei, desiderate la Messa, amate la Messa, vivete la Messa. Esiste un comandamento del Signore che ci ordina di santificare il suo giorno ed esiste un precetto grave della Chiesa che indica nell’incontro di ciascuno e di tutti con l’Eucaristia il modo insostituibile di santificare la domenica e le altre feste indicate dalla Chiesa. Ebbene, invitandovi caldamente a compiere con sincerità e umiltà questo atto di obbedienza a Dio e alla Chiesa, vi esorto anche:”Non fate le cose soltanto quando vi sono comandate
Non limitatevi strettamente al precetto, liberate l’amore dentro il vostro cuore, lasciate agire la fede viva e forte che accende il desiderio della santità e di una vita generosamente cristiana; il Signore viene verso di voi con l’abbondanza del suo amore e dei suoi doni, non rispondete come gli invitati della parabola lasciando cadere l’invito, non chiudetevi dentro l’indifferenza o l’insensibilità che trovano facili scuse per sottrarsi all’amore. Se voi conoscete solo la misura indicata dall’obbligo, come potete capire il Signore che conosce la misura dell’amore?
Nelle nostre chiese vi vengono offerte tutti i giorni sante messe nelle ore più comode e più accessibili: al mattino per le persone che possono disporre del mattino, come le madri di famiglia, gli anziani...; al pomeriggio per le persone che possono disporre del pomeriggio; alla sera per coloro che, terminato il lavoro, sulla strada di casa possono godere di questo incontro con il Signore e portare a lui le fatiche della loro giornata. Fratelli miei, un giorno il Signore ci chiederà conto di tante possibilità che egli vi ha offerto e di cui, forse, abbiamo profittato così poco.
Cercate infine di partecipare alla Santa Messa con le migliori disposizioni interiori: raccoglimento, l’umiltà, la contrizione; combattete la fretta fermandovi per qualche minuto di ringraziamento e lottate contro le distrazioni penetrando con la fede il rito che seguite con i sensi. Pensate alla fortuna enorme che abbiamo - è un dono stupendo della sua misericordia - di poter raggiungere, oggi, il Signore Gesù nel mistero pasquale della sua passione, morte e risurrezione, e vedere così compiersi in noi la sua salvezza. L’Eucaristia, annullando tanti secoli e tanta distanza, ci rende il Signore così vicino da poterlo toccare e mangiare, da potergli dire le cose più intime come se sentissimo il battito del suo cuore divino. Che il Signore vi aiuti a capire tutto questo; vi dia purezza di fede e generosità di amore, perché non avvenga che Egli debba aspettare inutilmente.

Bibliografia sulla Santa Messa e L'Eucarestia:

Giovanni Paolo II, Dies Domini
Benedetto XVI, Sacramentum caritatis
San Josemaria , Ti adoro Dio nascosto,Omelie

Catechismo della Chiesa Cattolica:n. 1322-1419; 2168-2195.
Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica: n. 233-249; 271-294; 450-454
Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucaristia, 2003
Giovanni Paolo II, Mane nobiscum Domine, 2004
Joseph Ratzinger, Il Dio vicino. L'Eucaristîa cuore della vita cristiana, San Paolo, 2005
Javier Echevarría, Eucaristia y vida cristiana, Rialp, 2005
Javier Echevarría, Vivir la Santa Misa, Rialp, 2009
Card. Bona, Mistero d'amore, Ares, 2003
Federico Suarez, Il sacrificio dell'altare, Ares, 2008
Andrea Mardegan, Ho desiderato ardentemente. Incontrare Gesù nell'Eucaristia, Paoline, 2005
Preghiere, Ares
Messale quotidiano per i fedeli








Thursday, July 01, 2010

LE PAROLE DEL CUORE

Il mese di giugno è il mese dedicato all'amore al sacro cuore di Gesù. Queste righe tratte da una meditazione dell'allora mons. Giovanni Battista Montini (poi Paolo VI) sono di stimolo a sviluppare un rapporto di amicizia profonda con Cristo.




Coltivare il colloquio con Cristo
Vorrei che il nostro colloquio con Cristo fosse soprattutto sincero. Vorrei che ci staccassimo dagli stessi libri di pietà, anche buoni, proprio perché sono altrui, mentre questo colloquio deve essere mio, deve essere vero, deve scaturire dalla mia esperienza. Infatti, quello che può andar bene per una suora di convento, o per una persona dell'Ottocento, chissà se può andar bene per me che vivo nel mondo e sono del Novecento. Bisogna che ci adoperiamo di portare nel colloquio con Cristo l'esperienza più viva, più autentica, più personale che ci è possibile, e di riferire a lui non di fatti ipotetici: parlerò di me, dell'ufficio, dei dubbi, delle difficoltà, insomma di quello che è mio. Bisogna portare nel colloquio con Dio - con dignità, si comprende - quella prontezza di spirito che toglie la frivolezza alle inezie e le fa assurgere al loro significato spirituale. «Domine, si fuisses hic...» (Gv 11,32), la mia vita, le mie vicende avrebbero avuto un senso diverso e un risultato diverso, se tu, o Signore, fossi stato presente.
E tocca a noi farlo presente nel nostro tempo, nelle nostre condizioni storiche, politiche, sociali, spirituali: portare qui la presenza di Cristo e derivare di qui il colloquio con lui.
Quindi occorre una grande personalità, una grande sincerità, una grande immediatezza, una grande facilità; ogni artificio si scioglie e cade quando si comprende che il metodo è una comunione, che Dio-uomo vuol vivere in noi e con noi, incorporando nella nostra esperienza e nella nostra storia la sua missione salvatrice.
Ogni persona avrà la sua maniera di parlare con Gesù Cristo. La nostra preghiera sia basata sulla preghiera liturgica, ma sia poi declinata con forme molto personali. Devo dire al Signore le parole segrete del mio cuore, e il mio cuore è diverso dagli altri; c'è qualche cosa di incomunicabile, di intraducibile; è proprio di questo segreto geloso, che ho nel cuore che il Signore è avido e sollecito.
Infine, per rendere vivi e operanti questi rapporti con Cristo, dobbiamo dare nel nostro cuore una grande importanza alle feste di Cristo, alla memoria solenne, ufficiale che la Chiesa dà a Cristo. Non ci dovrebbe essere mai una festa del Signore che passi inavvertita per noi. Se abbiamo compreso qualche cosa, di tutto avremo paura, fuorché che queste si esauriscano nel loro succedersi, perché Cristo è una sorgente tale che ogni Pasqua è una novità, e ogni Natale una nascita, ogni Ascensione è uno squarciarsi di cieli e di orizzonti nuovi. Guardiamo che la nostra preghiera abbia una orientazione cristologica, cristocentrica. In Cristo sia il nostro culto più affettivo, più effettivo, più preparato, più gustato, più vero. Mettiamo in Cristo il nostro sole e amiamo la vergine Maria, la creatura che più lo rispecchia e ne dispensa la luce. Se avremo questa gerarchia riflessa nella preghiera, la preghiera sarà sempre bella e sempre feconda.
(da Giovanni Battista Montini, L'amicizia con Dio" Meditazioni. pp. 113-114)

Tuesday, June 29, 2010

NEL GIARDINO DELL'EDEN

Il Signore Dio prese l'uomo, fatto a sua immagine e somiglianza, e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse (Gn 2, 15)



OMELIA NELLA FESTA DI SAN JOSEMARÍA ESCRIVÁ
Mons. Javier Echevarría, Prelato dell'Opus Dei Basilica di Sant'Eugenio, Roma, 26 giugno 2010


Carissimi fratelli e sorelle!


Si compiono oggi trentacinque anni del dies natalis di San Josemaría Escrivá. Nel celebrarne la festa liturgica, pieni di gioia e di riconoscenza a Dio, risulta per tutti noi di particolare utilità il brano della Genesi della prima lettura.
Dopo aver finito l'opera della creazione, dice la Scrittura Santa, il Signore Dio prese l'uomo, fatto a sua immagine e somiglianza, e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse (Gn 2, 15), ut operaretur!
Mi tornano alla memoria le parole del Servo di Dio Giovanni Paolo II quando, il 6 ottobre 2002, nell'omelia della Messa di canonizzazione del Fondatore dell'Opus Dei, ricordando il suo insegnamento, affermava che «i credenti, operando nelle diverse realtà di questo mondo, contribuiscono a realizzare questo progetto divino universale. Il lavoro e qualsiasi altra attività, portata a termine con l'aiuto della Grazia, diventano mezzi di santificazione quotidiana». (Giovanni Paolo II, Omelia nella canonizzazione di San Josemaría, 6-X-2002).
Ringraziamo il Signore perché questo messaggio è ormai un dato di fatto non soltanto nella teologia, ma anche e soprattutto nella vita di molte persone. Purtroppo, però, in tante altre, rimane ancora a livello teorico, senza effetti concreti nella vita quotidiana. Proprio per questo vorrei soffermarmi su alcuni aspetti fondamentali dell'insegnamento di San Josemaría, che possono aiutarci a metterlo in pratica. Chiediamo a tale fine l'aiuto divino, e facciamolo con le parole dell'orazione colletta: o Dio, che hai suscitato nella Chiesa San Josemaría, sacerdote, per proclamare la vocazione universale alla santità e all'apostolato, concedi anche a noi, per la sua intercessione e il suo esempio, di essere configurati al tuo Figlio Gesù per mezzo del lavoro quotidiano, e di servire con ardente amore l'opera della Redenzione. (Messa di San Josemaría, Colletta).
In una delle omelie dedicate proprio alla santificazione del lavoro, San Josemaría, prendendo spunto delle parole della Genesi appena citate, ricorda che l'obbligo di lavorare non è sorto come conseguenza del peccato originale, e tanto meno è una scoperta moderna. Si tratta di un mezzo necessario che Dio ci affida sulla terra, dando ampiezza ai nostri giorni e facendoci partecipi del suo potere creatore, affinché possiamo guadagnare il nostro sostentamento e, nello stesso tempo, raccogliere frutti per la vita eterna (Gv 4, 36) (San Josemaría, Amici di Dio, n. 57).
L'esempio stesso di Gesù, che per trent'anni si è dedicato a un lavoro faticoso —ma colmo di gioia— nella bottega di Nazaret, con Maria e con Giuseppe, mostra con evidenza che il Signore conta anche sul nostro lavoro per collaborare alla salvezza del mondo, per manifestare con chiarezza che è possibile trasformare qualsiasi professione onesta in preghiera, in apostolato.
Ma occorre tenere ben presente che quest'attività dev'essere portata a termine con perfezione umana e con rettitudine d'intenzione, posta cioè al servizio di Dio e del prossimo, e mai per soddisfare il proprio egoismo. Chiediamo dunque luce a Gesù Cristo nostro Signore, e preghiamolo di aiutarci a scoprire, in ogni momento, il significato divino che trasforma la nostra vocazione professionale nel cardine sul quale poggia e ruota la nostra chiamata alla santità (Ibid., n. 62).
A questo proposito potremmo farci alcune domande, alle quali rispondere nel silenzio del nostro cuore. Faccio il mio lavoro con perfezione umana, curando i particolari per amore di Dio, oppure mi accontento a volte di finirlo male, un po' come capita, come si suol dire? Mi impegno seriamente per unirlo ogni giorno al Santo Sacrificio della Messa, consapevole del fatto che solo in questo modo potrà veramente diventare lavoro di Dio? Rettifico spesso l'intenzione durante la giornata e mi sforzo per rendere tutta la gloria a Dio? Approfitto dei rapporti di lavoro per stringere una vera amicizia con le persone che mi stanno accanto, con il desiderio di avvicinarle al Signore, di servirle e di imparare di loro?
Nell'omelia nella canonizzazione di San Josemaría, Giovanni Paolo II riportava un brano di una meditazione del Fondatore dell'Opus Dei che mi piace riprendere qui. La vita quotidiana di un cristiano che ha fede, quando lavora o riposa, quando prega o quando dorme, in ogni momento, è una vita in cui Dio è sempre presente (San Josemaría, Appunti di una meditazione, 3-III-1954). «Questa visione soprannaturale dell'esistenza —commentava il Santo Padre— apre un orizzonte straordinariamente ricco di prospettive salvifiche, poiché, anche nel contesto solo apparentemente monotono del normale accadere terreno, Dio è vicino a noi e noi possiamo cooperare al suo piano di salvezza.
Si comprende quindi più facilmente quanto afferma il Concilio Vaticano II, ossia che «il messaggio cristiano, lungi da distogliere gli uomini dal compito di edificare il mondo..., li impegna piuttosto a tutto ciò con un obbligo ancora più stringente» (Gaudium et spes, n. 34)» (Giovanni Paolo II, Omelia nella canonizzazione di San Josemaría, 6-X-1992).
Secondo l'insegnamento di questo sacerdote santo, ripeto, tutte le attività oneste degli uomini possono essere offerte a Dio, santificate e trasformate in mezzo e occasione di apostolato. Il lavoro... ma anche il riposo, del quale noi tutti abbiamo bisogno per ritemprare le forze spese nel compito di portare avanti la famiglia e di servire la società.
Questa considerazione mi sembra particolarmente opportuna in questo periodo, quando molti di voi si apprestano a godere di un meritato periodo di vacanze. Tenete presente che anche nei giorni di ferie dobbiamo vivere con la mente e il cuore posti nel Signore. Rammento alcuni consigli concreti che possono aiutarci a far sì che questo tempo contribuisca alla crescita spirituale di ognuno di noi e non si risolva —come purtroppo accade non di rado— in un raffreddamento della vita cristiana.
In primo luogo, conviene continuare a compiere i doveri normali del cristiano: la partecipazione alla Messa la domenica e nei giorni festivi; la ricezione dei sacramenti, particolarmente quello della Penitenza; le buone abitudini acquisite durante l'anno lavorativo: pregare con assiduità, frequentare le attività di formazione spirituale, ecc.
Va da sé che non è opportuno scegliere per le vacanze luoghi dove un cristiano coerente — e nemmeno un uomo onesto— non dovrebbe andare mai, perché sono oggettivamente in contrasto con i dettami della morale non solo cristiana, ma anche naturale. Tutti dobbiamo essere forti per prendere decisioni di questo genere, andando se necessario controcorrente. Aiuterete in questo modo i vostri parenti e altre persone a cercare il sano divertimento come conviene ai figli di Dio. Non è detto che, per godere delle ferie, ci si debba allontanare dal Signore. È vero semmai esattamente il contrario.
Vorrei infine ricordare un punto molto concreto dell'insegnamento di San Josemaría sulla santificazione del riposo. Si può riassumere nelle parole che ci diceva con frequenza: riposo significa riprendersi: rigenerare le forze, gli ideali, i progetti... In poche parole: cambiare occupazione, per ritornare poi —con nuovo brio— al lavoro consueto (San Josemaría, Solco, n. 514). È una valutazione molto vera: il semplice cambiamento di lavoro, di ambiente, di circostanze, contribuisce in modo sostanziale a riacquistare le forze.
Penso inoltre che sia nostro dovere accompagnare il Santo Padre, pregando ogni giorno per le sue intenzioni, in modo che senta il sostegno della vicinanza filiale di ognuna e di ognuno di noi. Voler vivere bene la vita cristiana significa non allontanarsi dall'insegnamento del buon Pastore, che è a capo della Chiesa Santa.
Concludo con un altro pensiero di San Josemaría: O Signore, concedici la tua grazia. Aprici la porta della bottega di Nazaret, affinché impariamo a contemplare Te, la tua santa Madre Maria e il santo patriarca Giuseppe — che tanto venero e amo —, tutti e tre dedicati a una vita di lavoro santo. I nostri poveri cuori si sentiranno scossi: ti cercheremo e ti troveremo nel lavoro quotidiano, che Tu vuoi che trasformiamo in opera di Dio, in opera d'Amore. (San Josemaría, Amici di Dio, n. 72). Così sia.


Saturday, June 26, 2010

Lo "scandalo" del crocefisso

CARDINALE HERRANZ:
VALORI E DIRITTO NEL CASO DEL CROCIFISSO

Intervento del Cardinale Julián Herranz Casado, presidente emerito del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, durante una tavola rotonda svoltasi a Roma con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri sul tema "Valori e diritto. Il caso del Crocifisso".

Sembrerebbe opportuno, e forse doveroso da parte mia, cercare di inquadrare il nostro caso nel contesto culturale della dottrina della Chiesa e dell'attuale clima socio-politico dell'Europa. In questo senso vorrei accennare a due fatti significativi: un gesto di assenso di Giovanni Paolo II e una frase ormai storica di Benedetto XVI. Papa Wojtya assentì in una nostra riunione di lavoro all'affermazione che negli ultimi cento anni il Magistero della Chiesa è stato orientato soprattutto dalla cogente necessità di difendere i diritti fondamentali della persona, tra cui il diritto alla libertà religiosa, da due funeste utopie ideologiche diventate sistemi politici: l'utopia totalitaria della «giustizia senza libertà» (totalitarismi di destra e di sinistra: nazismo, comunismo, ecc.) e l'utopia libertaria o relativista della «libertà senza verità», oggi particolarmente influente in alcuni settori politici e mediatici europei.
Quest'ultima ideologia, com'è noto, nega l'esistenza di una verità oggettiva sulla persona umana e rifiuta l'esistenza di una legge naturale quale fondamento dei diritti universali (verità messa alla base della «Dichiarazione Universale dei Diritti Umani» dell'Onu), mentre affida al giudizio soggettivo del singolo o alla semplice opinione maggioritaria la decisione di stabilire sempre il vero e il giusto, anche quando si tratta di verità e valori assoluti e di diritti personali indisponibili. Benedetto XVI, che nella famosa omelia nella Messa previa al Conclave del 2005 denunciò già con coraggiosa intuizione la «dittatura del relativismo», ha affermato nuovamente sette giorni fa: «Quando la legge naturale e la responsabilità che essa implica sono negate, si apre drammaticamente la via al relativismo etico sul piano individuale e al totalitarismo dello Stato sul piano politico». Ciò che potrebbe avvenire anche a livello delle istituzioni officiali dell'Unione europea, se i più avveduti e democratici Stati membri del Consiglio di Europa non cercassero di impedirlo.
Riguardo alla religione, questa ideologia relativista si configura come «fondamentalismo laicista». Esso, allontanandosi dal retto concetto di «laicità», vorrebbe relegare la fede cristiana e il fatto religioso in genere nel solo ambito privato della coscienza personale, escludendo ogni segno, simbolo o manifestazione esterna della fede nei luoghi pubblici e nelle istituzioni civili (scuole, ospedali, ecc.). In questo contesto di fondamentalismo laicista va certamente inquadrata la sentenza della Corte di Strasburgo contro la presenza del Crocifisso nelle scuole italiane, benché venga pretestuosamente e unilateralmente invocato il diritto alla libertà religiosa.
La sentenza, infatti, sostiene che l'esposizione del Crocifisso nelle scuole costituirebbe una pressione morale sugli alunni in formazione e lederebbe di conseguenza la loro libertà di aderire a una religione diversa dalla cristiana o di non aderire a nessuna religione. Cosciente che altri illustri Relatori ben più esperti di me nel diritto ecclesiastico e costituzionale della Repubblica italiana, faranno ulteriori approfondite considerazioni in merito, vorrei sommessamente fare alcuni sintetici rilievi.
 1.Tale sentenza si richiama senza motivo (perché la semplice esposizione del Crocifisso non ha alcun carattere impositivo o discriminatorio) alla libertà religiosa degli alunni non cristiani, mentre non rispetta per quanto riguarda gli alunni cristiani delle scuole italiane e la patria potestà dei loro genitori, l'Art. 18 della «Dichiarazione Universale dei Diritti Umani». Questa norma, infatti, garantisce il diritto alla libertà religiosa, il quale include, tra l'altro: «la libertà di manifestare, individualmente o in comune, sia in pubblico come in privato, la propria religione».
 2.La sentenza non ha ponderato sufficientemente che la «laicità» rappresenta, sì, un principio costitutivo degli Stati democratici, ma sono essi che determinano nei singoli casi le sue forme concrete di attuazione, alla luce delle varie circostanze e tradizioni locali. Non si tratta infatti di un principio ideologico da imporre alla società violentando le tradizioni, i sentimenti e le credenze religiose dei cittadini. A questo proposito, appare esemplare anche per altre Nazioni di profonde radici cristiane la sentenza del Consiglio di Stato italiano del 13 febbraio 2006 in merito alla presenza del Crocifisso nelle scuole.
 3. Anche il concetto di «neutralità» religiosa cui si richiama la sentenza della Corte di Strasburgo è interpretato nel senso ideologico del relativismo agnostico. Infatti, la neutralità o aconfessionalità dello Stato significa unicamente che nessuna religione avrà carattere statale, ma non che lo Stato debba essere «anticonfessionale», cioè contrario alla presenza nelle istituzioni pubbliche di qualsiasi segno o simbolo religioso: tale atteggiamento di rifiuto della religione in se stessa farebbe dell'ateismo una specie di ideologia o religione di Stato e, nel nostro caso, del Consiglio di Europa e dell'Unione europea.
 4.Oltre a non tener conto che in uno Stato di diritto il Governo deve servire la società e non opprimerla con l'imposizione di una propria ideologia, la sentenza della Corte europea di Strasburgo non ha rispettato il principio di sussidiarietà che presiede il rapporto Stati-Istituzioni europee. La Corte, infatti, sembra aver superato illegittimamente i limiti della propria competenza pronunziandosi su di una questione che riguarda la legittima e doverosa salvaguardia da parte di uno Stato delle tradizioni e della cultura nazionali, nonché degli impegni presi tramite concordati o convenzioni particolari con la Chiesa cattolica e altre eventuali confessioni religiose.
5.In tanti ambiti della società (basti pensare, per esempio, a insegne e simboli come quelli della «Croce Rossa», di determinate bandiere nazionali, di altri enti di diritto internazionale, e perfino delle farmacie, cliniche e ospedali, ecc.) la Croce è stata considerata per secoli un segno di alto valore civico e spirituale, dell'amore che accoglie fraternamente e guarisce, di uguaglianza di tutti gli uomini nella dignità personale e nella comprensione delle loro sofferenze e delle loro necessità, ma anche un segno di pace, di concordia, di perdono. Voler estromettere questo segno dai luoghi e dalle istituzioni pubbliche in nome di una presunta «neutralità» religiosa, sarebbe una manifestazione non soltanto di «cristofobia» più o meno larvata ma soprattutto di inciviltà.
6.L'esperienza ha dimostrato che la proibizione di ogni segno religioso nelle scuole (come è avvenuto in Francia nel 2004, prima dell'attuale concetto di «laicità positiva») non favorisce l'integrazione. A molti credenti non cristiani non dà fastidio studiare in un'aula in cui ci sia un Crocifisso, mentre considerano negativamente che la religione sia proibita nella scuola in nome della «laicità». Di fatto, come dimostra un documentato servizio dell'International Herald Tribune del 2008 (cfr. «Aceprensa», 1 ottobre 2008), un numero crescente di famiglie musulmane francesi preferiscono trasferire i loro figli nelle scuole cattoliche.
7. In Spagna, una sentenza del tribunale contenzioso amministrativo provinciale di Valladolid, in nome dei principi di uguaglianza e di libertà di coscienza, obbligò una scuola pubblica nel novembre 2008 a togliere il Crocifisso dalle aule, in contrasto con la giurisprudenza del Tribunale Costituzionale. Quest'ultimo, infatti, con sentenza del 21 febbraio 1986, aveva affermato che l'aconfessionalità dello Stato non implica che le credenze e i sentimenti religiosi non possano essere oggetto di protezione; al contrario, il rispetto di queste convinzioni si trova alla base della convivenza democratica. Attualmente forti poteri mediatici e alcuni gruppi politici che sostengono da tempo l'ideologia del fondamentalismo laicista fanno pressione sul governo, perché prescinda dagli Accordi internazionali tra la Santa Sede e lo Stato spagnolo e perché in una pretestuosa eventuale legge «di libertà religiosa» da essi fortemente auspicata si proibiscano i Crocifissi e altri segni religiosi nelle istituzioni pubbliche e nelle cerimonie officiali (scuole, tribunali, ospedali, funerali di Stato, ecc.). Tutto ciò, anche se sanno che molto probabilmente la maggioranza dei cittadini, se interpellata con un referendum, sarebbe contraria.
Mi si permetta chiudere queste sintetiche riflessioni con un augurio. Poiché non soltanto la dottrina della Chiesa, ma anche la «Dichiarazione Universale sui Diritti Umani» dell'Onu, considerano che alla base di questi diritti c'è la persona umana con la sua dignità inalienabile, è da auspicare che pure le istituzioni dell'Unione europea tutelino questa verità sull'uomo. Una persona, cioè, la cui struttura ontologica e sociale non è quella di un essere dagli interessi puramente economici e temporali, ma di un individuo che, oltre a una intelligenza e libertà da rispettare, ha anche una dimensione trascendente e religiosa dello spirito che le leggi e le sentenze delle società veramente democratiche non possono ignorare, ferire o discriminare.