Continuando a segnalare brani del libro di Marie Dominique Philippe su san Giuseppe, per la festa di oggi propongo queste due pagine sulla sua paternità
Perché questa povertà cresca fino alla perfezione, Dio permette che accadano diverse vicende, e tutte sembrano complicare le cose. In realtà è tutto molto semplice: sono le vie di Dio, nelle quali Giuseppe deve camminare per essere un padre povero. Non lo sarebbe stato se non avesse conosciuto questa prova, poiché ogni patenità implica un amore povero. Senza i suoi spogliamenti, senza il legame di amicizia che lo univa a Maria, non ci sarebbe potuta essere paternità; per questo l'angelo dice a Giuseppe: «Prendi Maria, tua sposa». Giuseppe l'ha scelta due volte: prima e dopo la prova. Perché? Perché Dio voleva che il legame tra loro fosse divino. Più avanti ritorneremo sui due modi in cui si esercita la carità. Nel primo legame che unisce Giuseppe e Maria, il movimento si sviluppa da un amore di amicizia verso la carità divina, e nel secondo, dalla carità divina verso l'amore di amicizia. È raro che Dio costruisca questo tipo si legame fra due persone. Il primo lo capiamo: Giuseppe ha scelto Maria perché l'amava, nel rispetto assoluto della volontà di Dio su entrambi. Il secondo scaturisce dal fatto che Dio comunica la sua scelta al suo servo: «Prendi Maria come sposa» -, dunque viene dall'alto. Non è straordinario? Quando riusciamo a raggiungere i desideri di Dio a partire dall'amore di amicizia, già succede qualcosa di meraviglioso, perché l'amore umano si purifica, si santifica, si divinizza. Ma quando è Dio stesso che indica la sua volontà, la sua scelta, una scelta di amore divino, sarà questo amore divino ad assumere l'amore umano, l'amore di amicizia: in questa dinamica c'è qualcosa di ancora più grande.
Così comprendiamo se un'amicizia è veramente divina: se Dio ha preso ancora più posto nel nostro cuore. Se Dio ci chiede prima di tutto di amare qualcuno divi-namente, nella carità, ed in seguito di amarlo con cuore di uomini, con la nostra sensibilità, ciò significa che l'amore divino ha assunto l'amore umano. A questo punto tutto è più facile (anche per i consacrati, il cui voto di verginità è simbolo dell'offerta radicale che fanno della loro persona), perché è Dio stesso che assume ogni cosa. Il rapporto fra Giuseppe e Maria era costituito da entrambe le dimensioni dell'amore, ecco perché possiamo dire che mai nessuno fra le creature ha conosciuto un'amicizia più grande; e ci voleva questa terribile prova perché all'amore divino venisse data la possibilità di trasformare tutto dal di dentro.
La paternità di Giuseppe sul bambino Gesù si radica in questo amore; perché essa fosse divina era necessario che l'amore stesso fosse tutto divino. Quando Maria gli aveva fatto capire di essere totalmente consa¬crata a Dio, Giuseppe aveva accettato di offrire a Dio la sua paternità. Non è forse, questa, la più grande offerta che un giovane sposo può fare? L'uomo e la donna sono il capolavoro di Dio in vista della loro fecondità, ecco perché questa dimensione della vita di coppia ci sta tanto a cuore. Offrire la paternità a Dio significa dirgli, non a parole ma «in opere e in verità»", che il nostro cuore vuole amarlo con un amore esclusivo. La grandezza del voto di verginità è il suo essere ordinato alla contemplazione, come dice san Tommaso ; ciò significa che non può essere vissuto in pienezza se non alla presenza di questo desiderio di contemplazione. Capiamo bene, allora, che l'offerta della paternità è gradita a Dio solo se è contestualizzata nel nostro desiderio di contemplarlo. Altrimenti, sarà vissuta come qualcosa di negativo (più o meno), in se stesso non positivo, e Dio questo non lo vuole; Dio non ama gli esseri che vivono nella negazione, perché essa è contraria all'amore. Dobbiamo tenere presente che l'offerta della paternità è fatta in vista di qualcosa di più grande, è fatta per essere più immediatamente legati a Dio.
Giuseppe aveva offerto a Dio la sua paternità, per lasciarlo libero di operare ciò che voleva in lui e in Maria. Ed ecco, la prova che dovette superare nei riguardi di Maria - il suo concepimento verginale - lo obbligò ad offrire a Dio ciò che non aveva ancora offerto, la sua paternità; deve offrirla, per essere povero della povertà stessa di Cristo. La povertà caratteristica della vita cristiana è l'offerta del proprio cuore, perché questa è la povertà di Cristo, della vittima, di colui che viene nel mondo per essere immolato sulla Croce. E una povertà senza limiti, che ci permette di accettare di essere an-nientati dal fuoco del cielo che scende su di noi, come accadde nel sacrificio di Eli'. Quando ci offriamo a Dio come vittima di amore, imitando l'esempio della piccola Teresa, è il fuoco della contemplazione, è il fuoco dello Spirito Santo che ci consuma. Giuseppe offre a Dio il suo cuore, accettando di essere solo. E nel momento stesso in cui compie questo gesto d'amore, nella solitudine, gli viene donato di essere divinamente sposo di Maria e padre di Gesù.
Parlare di Giuseppe come di un «padre putativo» è molto frettoloso. Il motivo di questo genere di espressioni ci è chiaro, ma dobbiamo state attenti a non sminuire la sua paternità su Gesù, mentre essa è divinamente perfetta; il bambino Gesù, in ciò che ha di più grande, di più nobile, di più divino, è tutto relativo a Giuseppe. E una paternità sostanziale la sua, dono della grazia, che da una parte esige la rinuncia ad essere sorgente di vita e dall'altra esige la rinuncia al rapporto coniugale con Maria. Dio non può domandare una povertà simile, una doppia povertà, se non in vista di un amore più grande - altrimenti egli non sarebbe più Dio, non sarebbe più Padre. A Giuseppe viene chiesta questa doppia povertà perché egli viva di una paternità divina, riflesso della paternità unica del Padre".
pp 157-159
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