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Tuesday, May 04, 2010

PERFETTA LETIZIA


una pagina della vita di san Francesco dedicata al "romanaccio" che mi parla spesso di letizia!

Dai “Fioretti”
Avvenne un tempo che, san Francesco d’Assisi e frate Leone andando da Perugia a Santa Maria degli Angeli, il santo frate spiegasse al suo compagno di viaggio cosa fosse la “perfetta letizia”.
Era una giornata d’inverno e faceva molto freddo e c’era pure un forte vento tanto che procedevano camminando l’uno innanzi all’altro e, mentre frate Leone stava avanti, frate Francesco chiamandolo diceva: frate Leone, se avvenisse, a Dio piacendo, che i frati minori dovunque si rechino dessero grande esempio di santità e di laboriosità, annota e scrivi che questa non è perfetta letizia.
Andando più avanti San Francesco chiamandolo per la seconda volta gli diceva: O frate Leone, anche se un frate minore dia la vista ai ciechi, faccia raddrizzare gli storpi, scacci i demoni, dia l’udito ai sordi, fa camminare i paralitici, dia la parola ai muti, e addirittura fa resuscitare i morti di quattro giorni; scrivi che non è in queste cose che sta la perfetta letizia.
E ancora andando per un poco san Francesco grida chiamandolo: O frate Leone, se un frate minore parlasse tutte le lingue e conoscesse tutte le scritture e le scienze, e sapesse prevedere e rivelare non solo il futuro ma anche i segreti più intimi degli uomini; annota che non è qui la perfetta letizia.
E andando ancora più avanti san Francesco chiamando forte diceva: O frate Leone pecorella di Dio, anche se il frate minore parlasse la lingua degli angeli, conoscesse tutti i misteri delle stelle, tutte le virtù delle erbe, che gli fossero rivelati tutti i tesori della terra, e tutte le virtù degli uccelli, dei pesci, delle pietre, delle acque; scrivi, non è qui la perfetta letizia.
E andando più avanti dopo un po’ san Francesco chiamava il su compagno di viaggio: O frate Leone, anche se i frati minori sapessero predicare talmente bene da convertire tutti i non credenti alla fede di Cristo; scrivi non è questa la perfetta letizia.
E così andando per diversi chilometri quando, con grande ammirazione frate Leone domandò: Padre ti prego per l’amor di Dio, dimmi dov’è la perfetta letizia. E san Francesco rispose: quando saremo arrivati a Santa Maria degli Angeli e saremo bagnati per la pioggia, infreddoliti per la neve, sporchi per il fango e affamati per il lungo viaggio busseremo alla porta del convento. E il frate portinaio chiederà: chi siete voi? E noi risponderemo: siamo due dei vostri frati. E Lui non riconoscendoci, dirà che siamo due impostori, gente che ruba l’elemosina ai poveri, non ci aprirà lasciandoci fuori al freddo della neve, alla pioggia e alla fame mentre si fa notte. Allora se noi a tanta ingiustizia e crudeltà sopporteremo con pazienza ed umiltà senza parlar male del nostro confratello, anzi penseremo che egli ci conosca ma che il Signore vuole tutto questo per metterci alla prova, allora frate Leone scrivi che questa è perfetta letizia. E se noi perché afflitti, continueremo a bussare e il frate portinaio adirato uscirà e ci tratterà come dei gaglioffi importuni, vili e ladri, ci spingerà e ci sgriderà dicendoci: andate via, fatevi ospitare da altri perché qui non mangerete né vi faremo dormire. Se a tutto questo noi sopporteremo con pazienza, allegria e buon umore, allora caro frate Leone scrivi che questa è perfetta letizia.
E se noi costretti dalla fame, dal freddo e dalla notte, continuassimo a bussare piangendo e pregando per l’amore del nostro Dio il frate portinaio perché ci faccia entrare. E questi furioso per cotanta molesta insistenza si riprometterebbe di darci una sonora lezione, anzi uscendo con un grosso e nodoso bastone ci piglierebbe dal cappuccio e dopo averci fatto rotolare in mezzo alla neve, ci bastonerebbe facendoci sentire uno ad uno i singoli nodi. Se noi subiremo con pazienza ed allegria pensando alle pene del Cristo benedetto e che solo per suo amore bisogna sopportare, caro frate Leone, annota che sta in questo la perfetta letizia. Ascolta infine la conclusione, frate Leone: fra tutte le grazie dello Spirito Santo e doni che Dio concede ai suoi fedeli, c’è quella di superarsi proprio per l’amore di Dio per subire ingiustizie, disagi e dolori ma non possiamo vantarci e glorificarci per avere sopportato codeste miserie e privazioni perché questi meriti vengono da Dio. Infatti le sacre scritture dicono: cosa hai tu che non sia stato concesso da Dio? E se tu hai ricevuto una grazia da Dio perché te ne vanti come se fosse opera tua? Noi ci possiamo gloriare nella nostra croce fatta di sofferenze e privazioni. Sul Vangelo sta scritto: Io non mi voglio gloriare se non nella croce di nostro Signore Gesù

In occasione del ricordo, nella festa dei santi Filippo e Andrea, dell'invenzione della Croce, ho trovato questa pagina tratta da uno dei poemi più antichi in lingua anglosassone

IL SOGNO DELLA CROCE
di Cynewulf

(si tratta di un testo databile all'inizio del IX secolo, scritto in dialetto northumbrico, e in cui appare la firma di Cynewulf in caratteri runici. Si distingue dal resto della produzione anglosassone per la ricercatezza formale, il fine edificante, la tensione emotiva. E’il maggior poema religioso anglosassone, di grande profondità meditativa e intensità di espressione).


Udite ! Io voglio raccontare il più eletto dei sogni
che io sognai nel cuore della notte
quando gli uomini dotati di favella si riposavano.
Mi sembrò di vedere un albero meraviglioso
ergersi nell'aria, ammantato di luce,
il più splendente dei tronchi. Tutto quel segnacolo
era ricoperto d'oro ; delle gemme giacevano
fulgide al suolo, e cinque erano pure
in alto all' incrocio delle braccia. Tutti gli angeli del
Signore colà contemplavano [la Croce],
belli per tutta l'eternità: nè era quello certo
lo strumento di supplizio di un malvagio,
bensì anime sante la contemplavano là,
e gli uomini sulla terra, e tutto questo glorioso creato.

Meraviglioso era l'Albero della Vittoria, ed io [ero]
macchiato di peccati, mortalmente ferito dalle mie iniquità.
Io vidi l'Albero della Gloria, adorno di panni,
rifulgere giocondamente, ornato di oro :
delle gemme avevano degnamente coperto l'Albero della foresta ;
ma attraverso quell'oro io potevo discernere l'antica lotta dei malvagi,
per cui esso una volta aveva sanguinato sul lato destro.
Io ero tutto affranto dal dolore ; ero atterrito
di fronte a quel mirabile spettacolo.

Io vidi quel segnacolo cangiante mutare di veste e di colore : ora
esso era intriso di umore, macchiato dal fluire del sangue ;
ed ora ornato di tesori. Ma io, giacendo colà per lungo tempo
con l'animo turbato contemplai l'Albero del Signore
finché non udii che esso parlava ;
il migliore dei legni cominciò a profferir parole
« Fu lungo tempo fà - ancora lo ricordo –
allorchè io fui abbattuta sul margine del bosco, rimossa dal mio ceppo.
Dei forti nemici mi presero là, mi foggiarono
per farsi uno spettacolo, m' ingiunsero di tenere in alto i loro malvagi ;
dei guerrieri mi portarono sulle spalle, finché non mi posero su un monte,
ove nemici assai mi fissarono.
Io vidi il Re degli uomini affrettarsi con grande coraggio,
chè egli voleva ascendermi. Là io non osavo,
opponendomi al comando del Signore, piegarmi o schiantarmi,
allorchè vidi tremare la superficie della terra ; tutti potevo abbattere, quei nemici, ma restai salda.
Il giovane Eroe allora si spogliò - quello era Dio onnipotente –
II forte e risoluto ; egli salì sull'alta Croce
coraggioso, alla vista di molti, quando volle redimere l'umanità.
Tremai allorchè l'Eroe mi abbracciò; ma io non osai piegarmi a terra,
cadere al suolo, ma dovetti restar salda.
Quale Croce fui innalzata ; sostenni in alto il Re possente,
il Signore dei Cieli ; non osai chinarmi.
Mi trafissero con neri chiodi; su di me si
Vedono le cicatrici le aperte ferite della malvagità ;
non osai nuocere a nessuno di essi.
Ci coprirono ambedue assieme di contumelie.
Io ero tutta intrisa di sangue,
versato dal fianco dell' Uomo,
dopo che Egli aveva reso l'anima.
Su quel monte io sopportai molti crudeli eventi : io vidi il Dio
degli eserciti crudelmente disteso ;
le tenebre avevano coperto di nubi il cadavere del Signore,
la fulgida luce ; un'ombra passò tetra sotto le nubi.
Pianse tutto il creato, lamentò la caduta del Re ;
Cristo era in croce.
Ma da lontano vennero alcuni veloci al Principe :
io vidi tutto ciò.
Io ero crudelmente turbata dal dolore,
ma pure mi piegai fino alle mani di quegli uomini
umile e zelantissima. Essi presero là Iddio onnipotente,
lo tolsero da quel grave tormento ; me i guerrieri lasciarono
ritta, stillante sangue; io ero tutta trafitta dai dardi.
Colà essi posarono Lui dalle membra esauste, stettero
presso il capo del Suo cadavere,
contemplarono là il Signore dei Cieli ;
ed Egli là si riposò per qualche tempo
affranto dopo l'immane lotta.
Cominciarono allora a foggiargli un sepolcro,
quei baldi, in vista degli uccisori ;
lo scavarono nella roccia lucente
ed entro vi adagiarono il Signore dei trionfi.
Cominciarono quindi ad intonargli un canto funebre,mesti, nell'ora crepuscolare, e poi vollero allontanarsi, tristi, da quel glorioso Principe ;
ed Egli restò colà senza seguaci.
Ma noi, stillanti sangue, per lungo tempo restammo sul posto,
dopo che si era perduta la voce dei guerrieri. Il cadavere si freddò,
la bella dimora dell'anima. Allora cominciarono ad
abbatterci tutte al suolo - quello fu un orrendo destino!
Ci seppellirono in una profonda fossa.
Ma colà, servi del Signore,
amici, mi scoprirono ; [mi tolsero quindi di terra] ; mi ornarono di oro e d'argento.
Ora tu hai potuto udire, o mio caro,
che io fui vittima di opere malvagie, di gravi dolori.
Adesso è giunta l'ora in cui mi onorano per ogni dove
gli uomini sulla terra e tutto questo glorioso creato,
adorano questo segnacolo.
Su di me il Figlio d' Iddio soffrì per alcun tempo ;
per cui io ora, gloriosa, mi ergo sotto ai Cieli,
e posso salvare chiunque di coloro che hanno
venerazione per me.
In antico io ero divenuta la più dura delle torture,
la più odiata tra le genti, prima che io la via retta
della vita preparassi agli uomini dotati di favella.
Oh ! Allora mi onorò il Re della gloria,
il Guardiano del Regno dei Cieli, sopra a tutti gli
alberi dei boschi,
così come Egli Sua Madre, Maria stessa,
Egli, Dio onnipotente, dinanzi a tutti gli uomini
onorò sopra a tutto il sesso femminile.
Ed ora ti ingiungo, o mio caro,
che tu racconti questa visione ai mortali,
che tu riveli con le parole che questo è l'Albero della Gloria
su cui Iddio onnipotente soffrì
per i molteplici peccati degli uomini
per l'antica azione di Adamo.
Colà Egli assaporò la morte ; ma poscia il Signore risorse
con la Sua grande possanza, per aiutare gli uomini.
Quindi Egli ascese ai Cieli ;
e ritornerà quaggiù su questa terra a visitare
gli umani nel giorno del Giudizio,
il Signore stesso [tornerà], Dio onnipotente, insieme con i Suoi angeli,
chè Egli, che ha il potere di giudicare, vuole allora passar sentenza
su ciascuno, secondo ciò che ciascuno quaggiù
si meritò in questa fuggevole vita.
Nè potrà alcuno allora essere senza timore
dinanzi alla parola che il Re pronunzierà
Egli domanderà dinanzi alla moltitudine dove
sia l'uomo che in nome d' Iddio volle della morte
assaporare l'amarezza come Egli una volta fece sull'Albero.
Ma essi allora saranno atterriti e ben poco penseranno
a ciò che diranno a Cristo.
Non occorre allora che sia atterrito
chi già porti nel petto il migliore dei segni ;
ma per mezzo della Croce giungerà nel Regno [dei Cieli]
dalle vie terrene ogni anima che è bramosa di dimorare col Signore ».
Quindi io venerai quell'Albero con cuore giocondo
con ardente zelo, là dove io ero solo, senza compagni ;
il mio animo agognava la dipartita ; soffersi molte ore di struggimento.
Ma ora io ho la speranza di vita, di poter visitare
quell'Albero della Vittoria da solo, più spesso di tutti
gli uomini, e degnamente venerarlo ; di questo ho desiderio
i grande nel cuore, ed il mio aiuto è
riposto in quella croce. Io non ho molti potenti
amici sulla terra, bensì essi di qui
si sono dipartiti, dalle gioie del mondo, hanno cercato
il Re della gloria, vivono ora nei Cieli con l'Altissimo Padre,
dimorano in Paradiso. Ed io attendo ogni giorno
il momento in cui la Croce del Signore,
che io una volta mirai qua in terra,
mi tolga da questa vita effimera mi porti là
dove vi è grande gioia, felicità nei Cieli,
là dove le genti del Signore sono assise
al banchetto, là dove è gioia eterna ;
mi ponga colà dove io possa appresso
vivere in Cielo, ed insieme con i santi bene godere della letizia.
Che mi sia amico il Signore, che una volta
soffrì quaggiù in terra sulla Croce per i peccati degli uomini ;
Egli ci ha redenti e ci ha concesso la vita, una patria nei Cieli.
La speranza fu rinnovata insieme con la beatitudine
e con la letizia per coloro che prima
soffrivano il fuoco.
Il Figlio fu trionfante nel viaggio,
possente e vittorioso, allorchè egli venne con una moltitudine,
con la folla di anime, nel regno di Dio,
[allorchè] Egli, Re onnipotente, per la letizia degli angeli
di tutti i santi che già nel cielo
vivevano in gloria, Egli, loro Signore, venne,
Dio onnipossente, là dove era la Sua patria.