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Friday, May 20, 2011

Una transizione gloriosa

Nella pallacanestro moderna il termine transizione indica il passaggio veloce dalla fase difensiva a quella offensiva, nel calcio si parla di contropiede, allo scopo di arrivare quanto prima a realizzare il canestro . Con una analogia suggestiva possiamo applicare questa parola anche al periodo che intercorre tra la Resurrezione di Gesù e la sua Ascensione al Cielo. E’ Romano Guardini a parlarcene nel capitolo “Tra tempo ed eternità” del suo libro “Il Signore”.

“I pochi giorni in cui egli fu impegnato nella transizione dal tempo all'eternità, ci dicono che egli è il medesimo qui e là. Che il Gesù di Nazaret, quando «entrò nella sua gloria» (Lc 24, 26) ha portato con sé tutta la sua esistenza terrena ed essa vive in eterno nell'essere di colui «che è l’Alfa e l’Omega, il Principio e la Fine» (Ap 1, 8).

Questi giorni si collocano tra tempo ed eternità. Il Signore è ancora sulla terra, ma già ne stacca i piedi, per andarsene. Al di là di lui si aprono già gli spazi dell'eterna luce, ma egli è ancora nel regno della caducità. Nel Nuovo Testamento risaltano due modalità in cui appare la figura di Gesù: secondo l'una, egli è Gesù, «il figlio del carpentiere» (Mt 13, 55). Qui egli si pone nello svolgersi di avvenimenti terreni; lavora, lotta, subisce un destino. Ha il suo essere personale; certo misterioso e trascendente ogni spiegazione, ma tale tuttavia che talvolta crediamo di sentire la tonalità della sua voce e di vedere i suoi gesti. Soprattutto sono i Vangeli a delineare la sua immagine in questo modo. L'altra maniera d'apparire, per contro, si presenta nella forma dell'eternità. Qui i limiti della realtà terrena sono caduti. Egli è libero, divinamente libero, Signore e Dominatore. L'accidentale e il caduco non vi sono più; tutto ha carattere essenziale. Il «Gesù di Nazaret» si è im¬messo entro il «Signore Cristo», che vive eternamente e la cui immagine è stata disegnata da Giovanni, quando lo contemplava a Patmos:


«.. Io mi voltai per vedere la voce che mi parlava; e quando mi voltai, vidi sette candelabri d'oro e, in mezzo ai candelabri, uno simile a un figlio di uomo, con una veste lunga fino ai piedi e cinto di una fascia d'oro al petto; la sua testa e i suoi capelli erano bianchi, quale lana candida, come neve, e i suoi occhi come fiamma di fuoco e i suoi piedi simili all'elettro reso incandescente nel crogiuolo, e la sua voce era come una voce di molte acque, e nella sua mano destra teneva sette stelle, e dalla sua bocca usciva una spada a doppio taglio e il suo volto era come il sole quando splende nella sua potenza. E quando io lo vidi, caddi ai suoi piedi come morto ed egli pose su di me la sua destra e disse: "Non temere; io sono il Primo e l'Ultimo, e il Vivente ed ero morto ed ecco, sono vivo per i secoli dei secoli e ho le chiavi della morte e degli inferi"» (Ap 1, 11-18).

Anche Paolo ha disegnato il quadro nella Lettera ai Colossesi, quando all'inizio parla di colui che è

«l'immagine del Dio invisibile, il primogenito della creazione intera: in lui infatti sono create tutte le cose che vi sono in cielo e in terra, il visibile e l'invisibile, Troni e Dominazioni, Principati e Potenze: tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui, ed egli è il primo di tutte le cose, e tutte hanno in lui consistenza. Egli è anche il capo del corpo che è la Chiesa. E lui il principio, il primogenito [di quanti risorgono] dai morti, affinché sia il primo fra tutti. Poiché è piaciuto a Dio che abiti in lui ogni pienezza, e che per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose, pacificando con il sangue della sua croce sia le cose che sono sulla terra, sia quelle che sono nei cieli» (Col 1, 15-20).

In questa immagine tutti i particolari sono caduti. Nessuno dei suoi tratti ci parla con familiarità terrena. Tutto è estraneo e di grandezza soverchiante. È questo lo stesso Gesù che passava sulla terra? I giorni di cui parliamo ci danno risposta. I pochi giorni in cui egli fu impegnato nella transizione dal tempo all'eternità, ci dicono che egli è il medesimo qui e là. Che il Gesù di Nazaret, quando «entrò nella sua gloria» (Lc 24, 26) ha portato con sé tutta la sua esistenza terrena ed essa vive in eterno nell'essere di colui «che è 1'A e 1'S2, il Principio e la Fine» (Ap 1, 8).

ROMANO GUARDINI,  Il Signore, pagg. 549-550