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Thursday, June 16, 2011

Esistere § vivere. La vita interiore è vita reale

Benedetto XVI in Gesù di Nazareth  affrontando il tema della preghiera chiarisce che a vita interiore è vita reale e che la vita eterna non è la vita che viene dopo la morte ma è la vita stessa che può essere vissuta anche nel tempo e che poi non viene più contestata dalla morte fisica.

"L’espressione « vita eterna » non significa – come pensa forse immediatamente il lettore moderno – la vita che viene dopo la morte, mentre la vita attuale è appunto passeggera e non una vita eterna. « Vita eterna » significa la vita stessa, la vita vera, che può essere vissuta anche nel tempo e che poi non viene più contestata dalla morte fisica. E ciò che interessa: abbracciare già fin d’ora«la vita», la vita vera, che non può più essere distrutta da niente e da nessuno.
Questo significato di «vita eterna» appare in modo molto chiaro nel capitolo sulla risurrezione di Lazzaro: « Chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno» (Gv ll,25s). «Io vivo e voi vivrete», dice Gesù ai suoi discepoli durante l’ultima cena (Gv 14,19), mostrando con ciò ancora una volta che per il discepolo di Gesù è caratterizzante che egli « vive » – che egli quindi, al di là del semplice esistere, ha trovato ed abbracciato la vera vita, della quale tutti sono in ricerca. In base a tali testi, i primi cristiani si sono chiamati semplicemente « i viventi» (hoi zöntes). Essi avevano trovato ciò che tutti cercano: la vita stessa, la vita piena e perciò indistruttibile.
   Ma come si può giungere a ciò? La Preghiera sacerdotale dà una risposta forse sorprendente, ma nel contesto del pensiero biblico già preparata: la « vita eterna » l’uomo la trova mediante la « conoscenza » - presupponendo con ciò il concetto veterotestamentario di «conoscere», secondo cui conoscere crea comunione, è un essere tutt’uno con il conosciuto. Ma naturalmente non qualunque conoscenza è la chiave della vita, bensì il fatto «che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo» (17,3). Questa è una specie di formula sintetica della fede, nella quale appare il contenuto essenziale della decisione di essere cristiani – la conoscenza donata a noi dalla fede. Il cristiano non crede una molteplicità di cose. Crede, in fondo, semplicemente in Dio, crede che esiste solo un unico vero Dio. Questo Dio, però, gli si rende accessibile in Colui che Egli ha mandato, Gesù Cristo: nell’incontro con Lui avviene quella conoscenza di Dio che diventa comunione e con ciò diventa «vita». Nella formula duplicata – « Dio e colui che ha mandato » – si può sentire l’eco di ciò che ricorre molte volte soprattutto negli oracoli del Signore presenti nel Libro dell’Esodo: devono credere in « me » – in Dio – e in Mose, il suo inviato. Dio mostra il suo volto nell’inviato – in definitiva nel Figlio suo. «Vita eterna» è quindi un avvenimento relazionale. L’uomo non l’ ha acquisita da sé, per se soltanto.
      Mediante la relazione con Colui che è Egli stesso la vita, anche l’uomo diventa un vivente.
BENEDETTO XVI, Gesù di Nazareth,  (2) .pp. 98-99