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Thursday, February 07, 2013

Le 7 domeniche di san Giuseppe













da Gianpiero Pizziol, "Giuseppe il falegname"

Il padre e il figlio

- Passava il tempo e mi facevo vecchio,
parecchio del lavoro ormai
pesava sulla spalle di Gesù, ma lui
    sembrava non avere fretta
   di andare a predicare anche se tutta
    la gente lo ascoltava attenta.
- Non è ancora pronta
la mia anima - diceva spesso.
Così a volte se ne andava a spasso
da solo per un giorno intero
e ripeteva al ritorno: - Quante cose
ho imparato oggi giù in paese
da un pescatore che vendeva il pesce!
Il mondo non finisce
di stupirmi con tutti i suoi misteri! -
Una volta lo vidi nei cantieri.
Chiacchierava con dei muratori.
C'era vicina
una casa in rovina
abbattuta dalla piena del fiume.
Le fondamenta per prime
avevano ceduto,
il pavimento gli era andato dietro,
quindi le mura e il tetto con le travi.
Eppure i materiali erano nuovi,
costosi, resistenti.
Il vecchio carpentiere davanti
spiegava: -Han fatto male i conti.
Qua sotto è tutta sabbia e argilla.
Basta una pioggia e crolla
anche un palazzo. Solo un pazzo
può fare una casa che non poggia
sopra la roccia. -
Lui ascoltava tutto, era affamato
di cose da imparare:
lo trovavo a discutere nei campi
coi contadini sui raccolti e i tempi
delle semine, a volte coi pastori
che salivano ai pascoli autunnali.
Parlava con tutti e un po' di tutto,
ma era anche capace di star zitto,
di ridere, giocare insieme agli altri
o arrampicarsi sugli alberi più alti.
Gesù aveva qualcosa di speciale.
So già cosa vorreste dire.
-Ogni padre lo dice di suo figlio.
Ognuno vede sempre il meglio. -
È naturale.
Ma il mio era davvero
fuori del normale ...
Era un giorno di sole
quando scendemmo fino a Cesarea,
una città più romana che ebrea.
Ci incamminammo al porto verso il mare.
C'erano mille storie lì da ascoltare:
pescatori di perle e di tesori,
eserciti sconfitti e vincitori,
storie di viaggi e viaggiatori.
Chi aveva affidato i suoi averi
ad amici fidati richiedeva
il suo e misurava
il valore degli amministratori
con i guadagni in opere e denari
e in beni acquistati.
- I talenti non vanno seppelliti
nel buio di una buca- dissi io.
- Ci dona tutto Dio,
ma si aspetta  un frutto.  -
Lui mi rispose: - E qual è il tuo talento,  padre  mio?-
-Bella domanda. Io non sono un santo. Soltanto  un falegname assunto
dal Padreterno per restare accanto a tua madre e benedico  il giorno
in cui mi ha scelto e mi ha donato  tanto. Perciò non mi spavento
di nulla e non mi do per vinto.
Sono pronto ad andare  in capo al mondo con voi. Il mio talento?
Solo questo: essere contento di questa vita insieme
e del mio nome di esperto falegname. -
-Tu hai trovato il tuo destino e il mio? -
- Se non lo sai tu che sei Dio non posso dirlo io. -
Prese un frutto  di melagrana
e me ne offrì metà, poi disse piano:
-Dio si è messo nelle vostre mani, per questo non so nulla del domani. Dipenderà dagli uomini. Chissà
se si dovrà arrivare
fino in fondo  a vivere o morire? -
In silenzio continuammo a mangiare. E alla fine aggiunse sorridendo:
- Comunque sia, mi piace questo mondo e non farei diverso
neppure un angolo di tutto l'universo. -

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